Best of 2019: i migliori 10 film dell’anno


Approfondimenti / venerdì, Dicembre 27th, 2019

Come ogni anno, è arrivato il momento della classifica dei migliori 10 film usciti nelle sale italiane durante il 2019. Un divertissement che permette di confrontarsi con i propri gusti, ma di cui non si è quasi mai totalmente soddisfatti.

Iniziamo con le giustificazioni. Quella che segue è una selezione personale e non tutti i film usciti durante l’anno sono stati visti, dunque potrebbero esser stati lasciati fuori dei titoli altrettanto meritevoli. Per quanto sia ragionata, la classifica non è da prendere alla lettera, dal momento che i film non sono ordinati così rigidamente nel cuore e nella mente di chi scrive. Per ogni film inserito, troverete una scena che lo ha reso meritevole di un posto in classifica.

Consapevole di aver commesso qualche ingiustizia, vi lascio alla top ten. Siete d’accordo? Quali sono, secondo voi, i migliori 10 film del 2019?

TOP 10

#10 – The Irishman (dir. Martin Scorsese, USA)

Dimenticato dalle figlie in una casa di riposo, Frank Sheeran si prende tutto il tempo necessario (209 minuti) per ripensare alla sua vita e alle sue azioni. Se, nella prima metà del film, il suo racconto in voce over al passato sembra volto a ricostruire i legami tra la criminalità organizzata e la politica e a ripercorrere alcuni tra gli eventi più importanti dell’America del dopoguerra (su tutti, l’uccisione di JFK), progressivamente le sue riflessioni si fanno più intime. Infatti, superate le faticose prime due ore, The Irishman si rivela essere soprattutto una storia di lealtà, fratellanza e tradimento. Seguiamo i tre protagonisti, Frank, Russ e Jimmy, dall’inizio della loro amicizia fino alla vecchiaia. Li impariamo a conoscere, ci affezioniamo, li disapproviamo e, infine, ci appaiono umani. LEGGI LA RECENSIONE COMPLETA

La scena del film: Il dialogo tra Frank e Jimmy dove il primo, per conto di Russ, dice al secondo: “it is what it is”.

#9 – J’Accuse (dir. Roman Polanski, Francia)

Nonostante la storia sia arcinota anche per chi non ha studiato letteratura francese, J’Accuse (L’ufficiale e la spia) è una spy story, un legal thriller storico tesissimo, che tiene incollati allo schermo. Polanski cattura lo spettatore con una narrazione classica ma sempre scorrevole e avvincente, in cui Picquart si ritroverà a vivere gli stessi incubi di Dreyfus. LEGGI LA RECENSIONE COMPLETA

La scena del film: la degradazione di Dreyfus in apertura del film.

#8 Il Traditore (dir. Marco Bellocchio, Italia)

Il film di Marco Bellocchio si muove contemporaneamente su due linee: da un lato la ricostruzione accurata degli eventi sanguinosi avvenuti nella Palermo anni ’80-’90, dall’altra la reinterpretazione cinematografica della vita di Buscetta. Mentre alcune scelte di regia e di montaggio che vanno nella prima direzione vorrebbero essere utili allo spettatore ma rischiano di apparire didascaliche (come le scritte in sovrimpressione), altre intuizioni – anche di tipo musicale – danno vita a immagini di grande impatto, che elevano il film dalla semplice, ma comunque necessaria, lezione di storia. Infatti, Il Traditore cerca di restituire oltre che il Buscetta mafioso – di cui teoricamente sappiamo tutto – anche il Buscetta uomo e padre di famiglia. Ed è nella costruzione di un personaggio così enigmatico e interessante che il film raggiunge toni epici. LEGGI LA RECENSIONE COMPLETA

La scena del film: La tortura di Buscetta sulle note di Historia de un amor.

#7 – Once upon a time in… Hollywood (dir. Quentin Tarantino, USA)

Il film è sbilanciato sul lato realistico e introspettivo, tanto che viene da chiedersi se il vecchio Quentin si sia ammorbidito un po’ troppo. Ma poi, verso la fine, eccolo che torna con la sua buona dose di irrealtà e violenza, in grado di appagare, seppur per poco, lo spettatore più affezionato al suo lato splatter, suscitando però un’emozione diversa dal solito. La comicità che attraversa il film, infatti, strappa numerose risate, ma nasconde anche tanta amarezza. Allora, la formula “Once upon a time…” del titolo indica qualcosa che è stato e ora non è più – la vecchia Hollywood? La carriera registica di Tarantino? – ma anche una fiaba in cui il cinema rimaneggia la cronaca (come già in Bastardi senza gloria, dove Hitler veniva ucciso durante una première) per riscattare i perdenti della storia. LEGGI LA RECENSIONE COMPLETA

La scena del film: Il cancello di casa Polanski che si apre a un incredulo Rick Dalton e l’abbraccio con Sharon Tate.

#6 – Vice (dir. Adam McKay, USA)

Il film procede di trovata in trovata, ed è impossibile esemplificarle tutte. Una tra le più geniali è la scena al ristorante in cui le portate principali proposte dal cameriere Alfred Molina sono metodi per aggirare le leggi sulla tortura, e Cheney e i suoi collaboratori ordinano il menù completo. Ma è il montaggio la fonte delle trovate migliori: vera anima del film, è qui usato come strumento di riflessione alla maniera del montaggio intellettuale di Ejzenstejn. Lo spettatore deve dare significato alle immagini messe in relazione, come nella scena dell’accordo tra Cheney e George W. Bush in cui quest’ultimo viene metaforicamente accostato a un pesce preso all’amo. LEGGI LA RECENSIONE COMPLETA

La scena del film: il trapianto di cuore a Dick Cheney e lo svelamento dell’identità del narratore.

TOP 5

#5 – Martin Eden (dir. Pietro Marcello, Italia)

Il Martin Eden di Pietro Marcello si svolge a Napoli, anziché a San Francisco, e dunque attinge dalla cultura, dalla storia e dalla letteratura italiana. Il film attraversa il Novecento secondo una rappresentazione libera da coordinate temporali, dove gli anni di ambientazione si confondono all’interno di una stessa inquadratura. Non è difficile imbattersi in sequenze che, per esempio, uniscono la televisione degli anni ’50 agli abiti dei primi anni del secolo, in una modalità che risulta inizialmente incongruente ma a cui poi si fa l’abitudine. Nonostante il film sia altamente simbolico per il motivo riportato sopra, riesce a mantenere l’autenticità perfino nelle sequenze più evocative, evitando di risultare artefatto. LEGGI LA RECENSIONE COMPLETA

La scena del film: il ritiro di Martin nella provincia con la lettura in voice over della lettera a Elena.

#4 – Portrait de la jeune fille en feu (dir. Céline Sciamma, Francia)

Tra richiami a Lezioni di piano (l’ambientazione storica e geografica, il tema del matrimonio combinato e della libertà sessuale) e Chiamami col tuo nome (l’arrivo dell’ospite, la nascita di un amore “proibito”, il tempo che scorre via inesorabile), Ritratto della giovane in fiamme aggiorna il film in costume e trova il suo spazio nella riflessione postmoderna sull’atto del guardare e dell’essere guardati. La regista Céline Sciamma inserisce il tema dell’immagine e di come questa sia frutto di chi la realizza come di chi la guarda. Se, infatti, Marianne osserva di nascosto i tratti di Héloïse per ritrarla, allo stesso tempo Héloïse guarda Marianne guardare lei. In un incedere lento, le due donne si conoscono sempre più intimamente e il loro rapporto di disparità (dove Marianne rappresenta la parte avvantaggiata) diventa un rapporto di parità. Marianne, infatti, confesserà il suo reale scopo e Héloïse accetterà di posare per lei. A quel punto, entrambe sono consapevoli di partecipare nella stessa misura alla realizzazione del dipinto. LEGGI LA RECENSIONE COMPLETA

La scena del film: Héloïse a teatro che ascolta il terzo movimento dell’Estate di Antonio Vivaldi.

#3 – Parasite (dir. Bong Joon-ho, Corea del Sud)

Parasite è un film fatto di scale che salgono e scendono, a simboleggiare la mobilità sociale (altro che la discesa negli inferi di Joker attraverso la scalinata del Bronx). I Kim guardano il mondo dalla finestra del loro seminterrato, quindi dal basso verso l’alto. I Park, al contrario, vivono in una villa su più piani, e solo la loro governante – della stessa estrazione dei Kim – scende fin giù nello scantinato. Parasite riflette sulla differenza di classe in modo accattivante e commovente. I tempi narrativi sono gestiti a regola d’arte, la sceneggiatura è un crescendo di tensione che culmina nella sequenza della festa, dove viene mostrato quanto ci si possa spingere in basso per cercare di elevarsi socialmente. Il film di Bong Joon-ho è una tragicommedia in cui si ride amaramente e nel cui finale si rimane inchiodati alla sedia. LEGGI LA RECENSIONE COMPLETA

La scena del film: l’allagamento della casa dei Kim.

#2 – Dolor y gloria (dir. Pedro Almodóvar, Spagna)

Il regista spagnolo ha dichiarato che il suo film è autobiografico per il 40% dei fatti raccontati, ma intimamente lo è al 100%. Infatti, in Dolor y gloria Almodóvar inserisce tutti i temi a lui più cari, i suoi colori e le sue musiche, i primi piani carichi di intensità, i suoi attori feticcio (Banderas e Cruz, ma anche Cecilia Roth e Julieta Serrano). Addirittura, omaggia i suoi stessi film, senza scadere nell’autoreferenzialità sterile ma con uno sguardo nostalgico, a volte critico. LEGGI LA RECENSIONE COMPLETA

La scena del film: il monologo teatrale di Salvador recitato da Alberto.

#1 – Marriage Story (dir. Noah Baumbach, USA)

In Marriage Story, Baumbach analizza tutte le fasi del divorzio con particolare attenzione, non lasciando fuori nessuna sfumatura emotiva. Attraverso il divorzio di Nicole e Charlie, il regista parla inevitabilmente anche del loro matrimonio. La forza di Marriage Story sta proprio nelle gentilezze che i due personaggi si scambiano un istante dopo essersi urlati contro le offese peggiori, sfociando anche in momenti comici. Il film si muove continuamente tra dramma e commedia, come nelle pellicole più ispirate di Woody Allen. LEGGI LA RECENSIONE COMPLETA

La scena del film: Charlie che canta Being Alive dal musical Company.

i migliori 10 film del 2019
Marriage Story