La corazzata Potëmkin, ovvero: il trionfo del montaggio


Approfondimenti / domenica, Dicembre 24th, 2017

Il cinema d’avanguardia si affermò in Russia durante il periodo della rivoluzione socialista (1917) e ne incarnava i valori di libertà, modernità e rinnovamento. I concetti chiave di questo tipo di cinema erano il “formalismo”, lo “straniamento” e la centralità del montaggio.

Il formalismo è stato teorizzato da Viktor Sklovskij, secondo il quale l’importanza di ogni opera d’arte non sta nel suo contenuto ma nella forma, ovvero nel modo in cui il contenuto viene rappresentato. Sklovskij è stato anche il padre della teoria dello “straniamento”: questo sarebbe un cambiamento del punto di vista, uno spostamento improvviso che l’artista deve fare rispetto ai codici precedenti. Sklovskij lo chiamava anche “la mossa del cavallo” che infatti, negli scacchi, non è una mossa lineare, ma angolare, imprevedibile. Nel cinema la teoria dello straniamento è stata applicata contro la “trasparenza”: per spiazzare lo spettatore, la forma doveva diventare visibile.

I cineasti russi degli anni della rivoluzione rifiutavano lo spettacolo tradizionale e il pubblico passivo. La scoperta che permise la rottura con il cinema narrativo è “l’effetto Kulesov”: Kulesov si accorse che il senso di un’immagine cambia a seconda dell’immagine che le sta vicino, quindi il senso è generato non dalle inquadrature ma dal montaggio, e nasce nella mente dello spettatore. Per questo motivo il montaggio viene considerato l’elemento che rende lo spettatore attivo e non semplice osservatore.

Il regista russo che più ha saputo applicare queste teorie nei suoi film è Sergej Ejzenstejn. Allievo di Mejerhol’d, aveva lavorato con lui a teatro e formulato la teoria delle attrazioni, adattata poi al cinema come “montaggio delle attrazioni”. In continuità alla teoria dello straniamento, in questo tipo di montaggio le attrazioni, ovvero i trucchi cinematografici, non sono più curiosità bizzarre ma diventano lo strumento di un nuovo linguaggio creativo e sovversivo, capace di scuotere ed emozionare lo spettatore, suscitando in questi associazioni di idee. La storia infatti non è chiara e ordinata come nel montaggio alternato, ma disordinata, scomposta e ricomposta, in modo da dare allo spettatore un senso di smarrimento.

Alla teoria del “montaggio delle attrazioni” Ejzenstejn aggiunse poi quella del “montaggio intellettuale”. Il cinema può diventare uno strumento di riflessione: lo spettatore deve dare significato alle immagini connesse dal montaggio. Aderendo al formalismo di Sklovskij, il regista inventò anche la drammaturgia della forma: i conflitti rappresentati dal cinema non sono solo di contenuto (buoni e cattivi) ma anche di forma (chiaro-scuro, destra-sinistra, vicino-lontano, alto-basso, ecc.).

Il capolavoro di Ejsenstejn è La corazzata Potëmkin (1925). Diviso in cinque atti, il film rievoca la famosa insurrezione del 1905 dei marinai della corazzata Potemkin, per protesta alle terribili condizioni in cui erano costretti a vivere.

In questo film confluiscono sia il montaggio delle attrazioni, sia quello intellettuale. Per rendere attivo lo spettatore, Ejzenstejn non mostra mai chiaramente ciò che sta succedendo, ma dà solo tracce parziali, in modo tale che sarà lo spettatore, tramite le associazioni mentali, a dare un senso a tutto. Infatti, la pellicola è caratterizzata da un montaggio dal ritmo molto rapido: per 75 minuti di film, ci sono circa 1300 inquadrature ed ognuna di esse non supera i tre secondi. Il caos delle immagini, soprattutto nelle scene concitate, produce un effetto di angoscia e smarrimento, come ad esempio nell’arcinota sequenza della scalinata di Odessa, oppure quando i marinai della corazzata sono in attesa di capire se verranno attaccati. Altri momenti di attrazione sono l’inquadratura della carne avariata, che suscita disgusto, e la sequenza in cui il marinaio, per la rabbia, rompe un piatto. In questo caso il regista utilizza il montaggio per dividere l’azione in più inquadrature.

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Ejzenstejn ricorre spesso al cine-pugno per “colpire” lo spettatore con violenza, provocargli uno shock. Esempi di cine-pugno sono l’inquadratura dei cannoni puntati verso lo spettatore oppure, nella sequenza della scalinata, il primissimo piano della madre straziata e della donna anziana ferita al viso.

Rientrano invece nella teoria del montaggio intellettuale le tre rapide inquadrature delle statue dei leoni, che rappresentano le tre fasi della rivolta.

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La prima statua raffigura un leone dormiente, simbolo del popolo che sopporta l’angheria in silenzio senza reagire; la seconda raffigura il leone che si risveglia, chiaro riferimento al popolo che raggiunge il limite della sopportazione; la terza rappresenta un leone rabbioso mentre ruggisce, raffigurazione inequivocabile del popolo che reagisce violentemente e rovescia il potere. Infatti, subito dopo vediamo il quartier generale distrutto. La ribellione che sta per scoppiare sulla corazzata è rappresentata anche dalla preparazione dei cannoni e della zuppa.

Nel suo capolavoro Ejzenstejn descrive, attraverso la drammaturgia della forma, non soltanto conflitti di contenuto (bene e male) ma anche di forma. Egli decide infatti di riprendere in modo diverso i marinai e gli ufficiali, in base al loro potere: i primi sono ammassati tutti insieme nello stesso spazio, e vengono inquadrati dall’alto; gli ufficiali hanno uno spazio più ampio e vengono inquadrati dal basso, mentre guardano i marinai. Il conflitto tra di loro è anche cromatico: gli ufficiali sono vestiti in modo scuro, i marinai con vestiti chiari.

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Bibliografia:

  • L’avventura del cinematografo. Storia di un’arte e di un linguaggio, Sandro Bernardi, Marsilio, 2007.

3 Commenti a “La corazzata Potëmkin, ovvero: il trionfo del montaggio”

  1. capolavoro…
    l’ho rivisto di recente proposto in tv in prima serata (incredibile ma vero, anche se era uno di quei canali tipo rai movie o rai 4, non ricordo bene) introdotto da Tati Sanguinetti…

    1. Ammetto di averlo visto per motivi di studio e dunque, se non fosse stato obbligatorio, probabilmente non lo avrei recuperato. Sono contenta però di non essermi persa questo film, così importante per la storia del cinema 🙂

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