Martin McDonagh: un’analisi approfondita dei suoi film 


Approfondimenti / lunedì, Marzo 26th, 2018

Oggi 26 marzo è il compleanno del commediografo, regista e sceneggiatore britannico Martin McDonagh.

Vincitore del premio Oscar per il Miglior cortometraggio nel 2006 (Six Shooter) e candidato per la migliore sceneggiatura originale nel 2008 (In Bruges), dopo 7 psicopatici del 2012, McDonagh è tornato sulle scene con il film Tre Manifesti a Ebbing, Missouri, presentato alla 74ª Mostra del Cinema di Venezia (dove ha vinto la Migliore sceneggiatura) e protagonista della 90ª notte degli Oscar con 2 premi ritirati su 6 candidature.

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McDonagh con il Golden Globe per la Migliore Sceneggiatura di Tre Manifesti a Ebbing, Missouri

A metà tra violenza tarantiniana e comicità nera à la Coen, lo stile di McDonagh è inconfondibile e molto personale. In aggiunta, i suoi film – o almeno, quelli che ha girato finora – presentano degli elementi comuni, che li legano praticamente tutti e ne fanno quasi un’opera unica.

*ATTENZIONE: SEGUONO SPOILER*

Tutte le opere del regista sono ambivalenti: alla violenza si accompagna sempre una comicità nera e viceversa, in modo estremamente bilanciato. La violenza dei film di McDonagh non è infatti eccessivamente gratuita e spesso risulta essere drammatica e commovente.

McDonagh crea delle sceneggiature tragicomiche molto equilibrate. Nei suoi film si hanno dei continui cambi di registro: da una situazione tragica si passa immediatamente ad una comica, oppure, più frequentemente, da una vicenda che può far sorridere scaturisce un evento triste e inaspettato. Lo si vede perfettamente in In Bruges, nella scena in cui il killer principiante Ray (Colin Farrell) uccide su commissione un prete ma la pallottola fuoriuscita colpisce a morte anche un bambino.

Un tema ricorrente in tutti i film è sicuramente quello dell’amicizia.

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I personaggi principali sono di solito amici di lunga data, per esempio Martin e Billy di 7 psicopatici, ma anche colleghi di lavoro: i killer Ray e Ken di In Bruges sono due soci in affari, così come Willoughby e Dixon sono due poliziotti dello stesso distretto in Tre Manifesti. Anche i rapporti di lavoro si trasformano inevitabilmente in legami profondi. L’amicizia viene però ostacolata da altre persone o da coincidenze assurde, finendo nel sangue la maggior parte delle volte e, più precisamente, in grotteschi conflitti a fuoco. Memorabili la scena della sparatoria al cimitero e il duello tra Billy e Costello in 7 psicopatici.

Tra i fattori che complicano le amicizie si colloca sicuramente il mal di vivere. I film di McDonagh fanno certamente ridere di gusto ma si distinguono da altre commedie nere per la profondità e complessità dei temi trattati, nonché per quel tocco di spleen che permea tutti i film.

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Harry (Ralph Fiennes) di In Bruges ci ricorda che tutti hanno tendenze suicide

Chi più chi meno, i personaggi creati dalla penna e dall’immaginazione di McDonagh si nascondono dietro la maschera da clown, quando in realtà sono sostanzialmente tutti uomini sofferenti e distrutti. E allora, alcuni ricorrono al suicidio, ad esempio Willoughby di Tre Manifesti e Ken e Harry di In Bruges, oppure si fanno uccidere, come Billy e Hans di 7 psicopatici. Generalmente, il suicidio non viene preannunciato ma irrompe improvvisamente sullo schermo, e soltanto in seguito scopriamo il perché (ad esempio in Tre Manifesti il gesto di Willoughby è spiegato dallo stesso attraverso tre lettere). Questa inspiegabilità è dovuta anche al fatto che i personaggi non sono mai statici, ma compiono tutti un’evoluzione, e sono dunque imprevedibili.

I personaggi di McDonagh sono dei senzadio, eppure la religione è un’altra tematica affrontata in tutte le pellicole – più o meno indirettamente – dal regista di origini irlandesi.

Per i peccati che ha commesso, Ray si sente intrappolato in quell’inferno di Bruges, ma in fondo la cittadina belga sembra più simboleggiare il purgatorio, offrendo un’altra possibilità al killer coscienzioso. Anche il fulcro di Tre Manifesti è la redenzione, a cui Mildred e Jason giungono alla fine del film. In 7 Psicopatici il contenuto religioso è meno lampante ma pur sempre presente, ed è rappresentato dalla figura del quacchero.

Tutti questi elementi messi assieme – con l’ausilio delle musiche di Carter Burwell – rendono i film di McDonagh profondamente malinconici, e non solo delle spassose commedie nere.

Un’altra caratteristica che contraddistingue ed eleva i film di McDonagh è il loro essere metacinematografici.

In In Bruges è presente un film nel film: negli stessi giorni in cui Ken e Ray si nascondono nella cittadina belga, una troupe sta girando la scena di un sogno, e vediamo più volte il set del film dove, nella sequenza finale, la vicenda stessa di In Bruges viene ambientata. Invece, in 7 psicopatici il protagonista è uno sceneggiatore, molto probabilmente l’alter ego dello stesso McDonagh (tanto che si chiama Martin), che si ritrova a vivere la sceneggiatura che sta scrivendo: in modo quasi pirandelliano, incontra nella realtà i personaggi del suo futuro film, i quali altro non sono che i suoi amici. Inoltre, la sceneggiatura è al centro di numerosi dialoghi, quindi la riflessione sul cinema in 7 psicopatici è portata all’estremo.

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In Tre Manifesti l’elemento metacinematografico non è stato ripreso letteralmente, ma anche questo film a modo suo rende omaggio al cinema, in particolare a Robert De Niro e John Wayne. Frances McDormand ha assunto infatti la camminata tipica di Wayne e indossa in più riprese una bandana che rimanda a quella utilizzata da Walken e De Niro ne Il cacciatore, di cui viene in qualche modo citata anche la sequenza degli schiaffi. Sam Rockwell ha inoltre detto di essersi ispirato al personaggio di Travis Bickle di Taxy Driver per rappresentare il suo Dixon.

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Altri due elementi curiosi che si possono ritrovare in tutti film di McDonagh sono personaggi affetti da nanismo e i conigli.

Il nanismo è più volte al centro delle battute tra i personaggi. McDonagh utilizza attori con questa sindrome come espedienti comici ma senza mai schernirli o trasformarli in macchiette, rendendoli anche protagonisti di alcune scene poetiche e autoironiche. Ad esempio Jimmy, attore dipendente dalle droghe nonché razzista di In Bruges, o James (Peter Dinklage), che fa il filo a Mildred/Frances McDormand in Tre Manifesti a Ebbing, Missouri.

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Per quanto riguarda i conigli, In Six shooter Mr. Donnelly (Brendan Gleeson) mette sul corpo della moglie spirata una foto di David, il loro coniglio. In 7 psicopatici i conigli sono presenti in una scena abbastanza sanguinolenta, nonché animali da compagnia di Zachariah (Tom Waits). E in Tre Manifesti a Ebbing, Missouri? La madre di Jason Dixon possiede una tartaruga, ma Rockwell ha dichiarato in un’intervista che l’animale è stato sostituito all’ultimo secondo, e che probabilmente in origine doveva essere un coniglio. Inoltre, Mildred lavora in un negozio di souvenir e, tra la merce in vendita, possiamo vedere alcune statuine dell’animale in questione.

Perché mai questo amore sconfinato per i conigli non ci è dato sapere, ma chissà quali traumi psicologici ci sono dietro.

Martin McDonagh si inserisce nel cinema pulp ma con una poetica molto personale, aggiungendo una buona dosa di malinconia in tutte le sue opere. È sicuramente uno degli sceneggiatori e registi più interessanti nel panorama cinematografico odierno.

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