Moonlight – Il disagio di un afroamericano raccontato in tre parti


2016 - 2019, Recensioni / martedì, Febbraio 14th, 2017

Moonlight è stato scelto come film di apertura alla Festa del Cinema di Roma del 2016. La notte dei Golden Globes l’ha visto vincitore nella categoria Miglior film drammatico. Inoltre, è candidato a 8 premi Oscar.

Basato sull’opera teatrale In Moonlight Black Boys Look Blue di Tarell Alvin McCraney, Moonlight racconta tre momenti della vita di un bambino/ragazzo/uomo di nome Chiron: cresciuto in un quartiere difficile di Miami, con la madre tossicodipendente e uno spacciatore come figura paterna, egli è costretto a subire atti di bullismo in quanto omosessuale. Non sarà facile per Chiron accettarsi e farsi accettare, e neanche trovare il proprio posto nel mondo.

Come già accennato sopra, il film è diviso in tre parti (Little, Chiron, Black) che corrispondono a tre fasi della vita: infanzia, adolescenza e età adulta. Il film potrebbe essere considerato un ritratto psicologico di Chiron; vengono narrati soltanto alcuni momenti significativi della sua vita, uno per ogni età. Il film affronta varie tematiche, tra cui bullismo, criminalità, omosessualità e tossicodipendenza. Quest’ultima sembra avere un ruolo determinante nella storia, in quanto tutta la vita di Chiron è inevitabilmente influenzata e condizionata dal rapporto conflittuale con la madre tossicomane.

Pur trattando di temi importanti, Moonlight non parla direttamente della discriminazione razziale: avrebbe avuto tutto il diritto di affrontare anche questa problematica, invece è stato deciso di tralasciarla. Infatti, si può osservare che tutti i personaggi sono di colore e abitano nel quartiere malfamato di Liberty City a Miami. Gli unici momenti in cui si accenna alla discriminazione sono quando Kevin chiama ironicamente Chiron “black” oppure quando Juan racconta a Chiron del suo passato a Cuba, dove un’anziana signora gli disse: “sotto la luce della luna, i ragazzi neri sembrano blu”. Con questa frase viene spiegato anche il titolo del film, in italiano “luce della luna” appunto.

In effetti, il colore dominante del film è proprio il blu, con tutte le sue sfumature che arrivano vicino al viola. Non mancano comunque i toni caldi, come l’arancione, il giallo e il rosso. La fotografia di James Laxton è molto bella e, infatti, non è passata inosservata dall’Academy.

La particolarità di Moonlight, che probabilmente non verrà molto apprezzata, è il suo poco essere approfondito. I temi affrontati vengono soltanto abbozzati, non pienamente sviluppati. In realtà, secondo me, questo è un punto a favore del film. Trattando di problemi particolarmente forti, avrebbe potuto essere un dramma furbetto e strappalacrime, invece la scelta di restare in qualche modo distaccati e di non scendere troppo nei dettagli lo ha reso un film profondamente vero e “crudo”. Ad incrementare il realismo della pellicola ha sicuramente contribuito la regia di Barry Jenkins. Questo ricorre molto spesso alla cinepresa a spalla e ai piani sequenza. Jenkins inquadra spesso i suoi personaggi di spalle o in controluce. Frequenti anche gli sguardi in macchina.

La colonna sonora di Nicholas Britell non è a mio parere particolarmente incisiva ma, essendo ricca di pezzi soul e R’n’B, è comunque adatta al film.

Veniamo adesso alla recitazione. Bravo e spontaneo Mahershala Ali nel ruolo dello spacciatore dal cuore d’oro Juan, ma tra tutti spicca Naomie Harris, magistrale nell’interpretare la madre tossicodipendente. Entrambi sono candidati agli Oscar per Miglior attore e attrice non protagonista. Chiron è interpretato da tre diversi attori, a seconda dell’età.

Insomma, Moonlight è un film particolare che sorprende per le scelte narrative (si sente che è basato su un testo teatrale) ma comunque profondo, girato molto bene e con un valido cast. Insieme ad ArrivalLa La Land merita di vincere qualche premio Oscar.

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