Mudbound – La recensione


2016 - 2019, Recensioni / mercoledì, Dicembre 6th, 2017

Presentato al Sundance Film Festival, Mudbound è un dramma rurale d’altri tempi che potrebbe rappresentare Netflix agli Oscar 2018.

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Ambientato all’alba della Seconda guerra mondiale, Mudbound segue le vicende di due famiglie di mezzadri, i McAllan e i Jackson, i primi bianchi e i secondi di colore. Entrambi i nuclei familiari vedono partire uno dei figli per il fronte i quali, al loro ritorno, difficilmente riusciranno a reinserirsi in un ambiente ostile e ancora legato alle abitudini prebelliche.

Infatti Jamie, ma soprattutto Ronsel, durante la guerra sono stati accolti dagli europei come dei liberatori, indipendentemente dal colore della pelle. Invece, in patria niente è cambiato: vige ancora la segregazione razziale e di fatto Ronsel non viene considerato un eroe di guerra. L’amicizia che nasce tra i due reduci andrà a rompere definitivamente gli equilibri già precari tra le due famiglie.

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La narrazione procede tramite le azioni e i dialoghi, a cui sono alternati dei monologhi interiori dei personaggi principali. Tutti i protagonisti infatti esprimono in maniera frammentata i propri pensieri intorno ai più svariati temi, dalla guerra alla famiglia, passando per il lavoro e la terra. La scelta di inserire molti monologhi interiori è sicuramente curiosa e interessante ma, data l’alternanza delle voci e i pensieri diversificati, in alcuni tratti lascia lo spettatore un po’ spaesato. Una delle problematiche del film è infatti senz’altro la moltitudine di temi trattati, forse fin troppi per poterli approfondire tutti nello specifico. Ciononostante, è altrettanto innegabile che Mudbound fornisca molto materiale su cui riflettere, tra cui la persecuzione razziale e il problema dei reduci di guerra.

Mudbound è legato alla narrativa del passato, e gli eventi drammatici del film assumono dimensioni epiche. Il film procede lentamente ma coinvolge comunque lo spettatore, anche se effettivamente alcune scene potevano essere accorciate e si poteva arrivare più velocemente al climax.

Niente da dire invece sul piano tecnico. Il clima storico e politico è supportato dai dettagli molto curati, come i vestiti o la scenografia.

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Uno degli elementi tecnici più apprezzabili del film è la fotografia di Rachel Morrison, la quale mette in risalto i paesaggi fangosi e rurali tipici del Mississippi giocando su atmosfere grigie e piovose. Fluida e appropriata anche la regia di Dee Rees.

Altro fattore positivo è la recitazione. Il cast corale è decisamente azzeccato e tutti gli attori offrono delle valide interpretazioni, senza essere caricaturali o troppo stucchevoli. La cantante Mary J. Blige ha già vinto meritatamente l’Hollywood Film Awards come Miglior attrice rivelazione per il ruolo di Florence, e la bravura dell’intero cast è stata riconosciuta con ben due premi e altre candidature.

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In definitiva, Mudbound è un film ricco di dialoghi e monologhi intimi, che offre numerosi spunti di riflessione ma al contempo risulta infarcito di troppi temi e situazioni che si potevano tagliare. Resta comunque un buon prodotto Netflix, meritevole dei premi già vinti per il cast e per la fotografia.