Ready Player One – La recensione


2016 - 2019, Recensioni / giovedì, Aprile 5th, 2018

Premetto che non amo particolarmente i blockbuster, ma difronte a Ready Player One mi sono detta “hey, è pur sempre di Spielberg…”. Attirata anche dalla musica scelta per il trailer (Jump e World in my eyes), ho deciso di dare una chance a questo film. Ho fatto bene o ho fatto male? Parafrasando Lucio Battisti, lo scoprirete solo leggendo.

Adattamento del romanzo di Ernest Cline – il quale figura anche tra gli sceneggiatori del film -, Ready Player One segna il ritorno di Steven Spielberg alla fantascienza.

Nel 2045, l’inquinamento e la sovrappopolazione hanno rovinato la vita sulla Terra. Per evadere dalle loro misere esistenze nelle città decadenti, le persone si rifugiano nell’universo virtuale di OASIS, dove possono prendere parte a qualsiasi tipo di attività. Il giovane Wade Watts (Tye Sheridan), frequentatore di OASIS, tenta di superare una serie di sfide create dall’ideatore James Halliday (Mark Rylance), morto da poco. Il vincitore che troverà l’easter egg acquisirà il possesso di OASIS e l’eredità miliardaria di Halliday. Mentre Wade collabora con un gruppo di amici per vincere, la multinazionale IOI guidata da Nolan Sorrento (Ben Mendelsohn) impiega un gruppo di giocatori per risalire al tesoro prima che lo faccia Wade e prendere il controllo di OASIS.

Ready Player One è insieme un omaggio alla cultura popolare degli anni Ottanta e una rappresentazione dei giorni nostri, dove il mondo virtuale si fa sempre più realtà, e viceversa.

Il film di Spielberg è un tripudio – al limite del kitsch – di personaggi cinematografici e relative pellicole entrati ormai nell’immaginario collettivo e che, proprio per questo, non passeranno mai di moda. Ne cito solo alcuni, perché sarebbe quasi impossibile elencarli tutti: Ritorno al Futuro, Il gigante di ferro, Godzilla, King Kong, Alien, La febbre del sabato sera, Shining. Molti anche i riferimenti fumettistici, videoludici e musicali (se volete approfondire, leggete qui). Ready Player One è un collage, o forse è più appropriato parlare di crossover, mirato a suscitare nostalgia nello spettatore che è stato adolescente nei mitici anni Ottanta, ma anche nei teenagers di oggi, per non aver vissuto la loro adolescenza in quella stessa epoca. Il pubblico è chiamato a riconoscere tutte le citazioni contenute nel film, affrontando i livelli del gioco insieme a Wade e gli altri personaggi; potremmo dunque definire Ready Player One un’esperienza ludica, vissuta dai fruitori in maniera diversa: maggiore è la conoscenza della cultura pop e più si potrà apprezzare il film.

Il richiamo alla contemporaneità è la tendenza dei protagonisti a rifugiarsi nel mondo virtuale per evadere da quello reale che non ha più niente da offrire. Come si recita nel film, la gente va su OASIS per tutto quello che si può fare, ma ci resta per tutto quello che si può essere. Il mondo creato da Halliday è l’unico posto dove Wade sente di avere un senso. OASIS non solo offre possibilità di svago e di lavoro, ma permette anche di ridefinire la propria identità, il proprio essere. Wade, e così l’umanità intera, trova la sua unica ragione di vita in quella realtà virtuale; soltanto lì può autodefinirsi, guardando ai propri miti, siano essi musicali o cinematografici, personaggi reali o di finzione; soltanto lì riesce a farsi degli amici che, però, non conosce realmente. L’incontro con Samantha gli ricorderà che la vita e le relazioni affettive reali valgono più di quelle virtuali. Ready Player One è dunque una fiaba con una morale che, sebbene non venga sottolineata molto, arriva comunque allo spettatore, il quale si rivede nei personaggi del film. Come loro, anche noi abbiamo infatti uno “spazio” virtuale – la Rete – dove siamo liberi di creare una versione di noi stessi non sempre fedele a quella reale. Non è quindi così utopistico pensare che OASIS, o una versione molto simile, possa in futuro concretizzarsi.

readyplayerone2
World in my eyes (letteralmente “Il mondo nei miei occhi”) rappresenta perfettamente la situazione descritta nel film: la canzone dei Depeche Mode parla di un “viaggio” in cui non c’è bisogno di muoversi, basta stare seduti.

Dato che i personaggi del film sono canonici, possiamo individuare i ruoli e le funzioni narrative classificati per la prima volta dal formalista russo Vladimir Propp e presenti in tutte le fiabe, quali l’eroe (Parzival/Wade), l’antagonista (Sorrento), la “principessa” (Art3mis/Samantha), gli aiutanti (Aech e gli altri), il premio (OASIS stesso), il donatore (Anorak/Halliday e Il curatore/Morrow), e così le prove da superare, la “principessa” da salvare, la lotta tra eroe e antagonista, ecc.

Indipendentemente dai gusti personali, Ready Player One è un esempio perfetto di cinema post-moderno: con i suoi effetti speciali da capogiro, non può non catturare l’attenzione dello spettatore contemporaneo. Tuttavia, non è solo un semplice film d’intrattenimento, ma anche un film d’autore, ricco di (auto)citazioni da riconoscere, dove al genere fantascientifico si unisce quello distopico, e si gioca sul dualismo realtà-finzione. Un po’ come fecero i fratelli Wachowski con Matrix alla soglia del nuovo millennio (ne parlerò prossimamente).

Insomma, Ready Player One è in grado di soddisfare sia i nerds più incalliti che i critici con la puzza sotto il naso, se questi per un attimo dimenticano ciò che sono diventati e tornano ad essere, per due ore e venti, semplici spettatori. Lo stesso Spielberg ha ribadito in più occasioni di aver girato questo film come se fosse lui stesso uno spettatore. Sentiremo parlare ancora a lungo di questo titolo durante la nuova stagione cinematografica.

Un Commento a “Ready Player One – La recensione”

  1. Hai detto bene! Bastavano i Depeche Mode nel trailer a far salire l’aspettativa. In più aggiungi il fatto che ho adorato il libro, che adoro gli anni ’80 e la fantascienza. Purtroppo, nonostante mi sia precipitata in sala tutta baldanzosa il primo weekend dall’uscita, ne sono rimasta profondamente delusa. Non so onestamente cosa mi aspettassi, ma mentre il libro mi aveva coinvolto tantissimo, il film mi è parso un bellissimo esercizio di stile fatto da un fuoriclasse che però purtroppo conquista gli occhi e poco altro, lasciandoti in fin dei conti piuttosto indifferente emotivamente. Non sono riuscita neanche ad appassionarmi alla ricerca di Wade per l’Easter Egg, nulla di nulla, ho persino guardato due volte l’orologio perché quelle due ore e dieci di lunghezza le ho avvertite tutte. Vabbè, è andata così, mi ha fatto comunque piacere leggere il tuo parere 🙂

I Commenti sono chiusi.