Sette minuti dopo la mezzanotte – La recensione


2016 - 2019, Recensioni / lunedì, Luglio 24th, 2017

Sette minuti dopo la mezzanotte è il ritratto psicologico del giovane protagonista, Conor O’Malley, in una fase precisa della sua vita. Conor (un bravissimo Toby Kebbell) è un ragazzino di tredici anni, troppo grande per essere ancora considerato un bambino, ma allo stesso tempo troppo giovane per essere un adulto. Sua mamma (Felicity Jones) è gravemente malata di cancro; il padre si è rifatto una famiglia in America; la nonna materna è un pezzo di ghiaccio. Come se non bastasse, Conor subisce atti di bullismo a scuola.

Per sfuggire da questa difficile situazione, il nostro protagonista si rifugia in un mondo fantastico, che però non è affatto consolante. Infatti, Conor si immagina che, a mezzanotte e sette minuti, l’albero di tasso del cimitero difronte a casa sua si trasformi in uno spaventoso e gigantesco albero dalle fattezze umane, che lo costringe ad ascoltare 3 storie, mentre la quarta dovrà raccontarla lo stesso Conor.

sette minuti dopo la mezzanotte

Le storie raccontate dall’albero sono tutte leggende, con protagonisti re, regine, principi, stregoni. A livello grafico, si distinguono dalla “realtà” poiché rappresentate sotto forma di cartoni animati che ricordano quelli di Harry Potter e i Doni della morte – Parte 1. I temi ricorrenti sono la morte e il male, ma anche il fatto che non sempre i cattivi sono veramente cattivi. Sono storie a cui Conor inizialmente non riesce a dare una spiegazione, ma che poi si rivelano essere frutto del suo subconscio. Anche il gigantesco albero dalle fatture umane (in originale doppiato da Liam Neeson) è un prodotto della mente di Conor. Dunque non è difficile capire che le 3 storie che il giovane protagonista si racconta tramite la voce del tasso gli sono necessarie per poter superare l’imminente lutto e affrontare la verità (che è la quarta storia).

Tutto il film è disseminato di riferimenti alla psicoanalisi e alla psicologia.

In ordine sparso, ritroviamo più o meno tutte le cinque fasi del lutto (negazione, rabbia, negoziazione, depressione, accettazione). Il rifiuto si manifesta soprattutto quando Conor non vuole andare ad abitare con la nonna, una generalessa tutta d’un pezzo ben interpretata da Sigourney Weaver. La rabbia quando sfascia il salotto stesso della nonna, o quando risponde per la prima volta con le mani alle provocazioni dei bulli compagni di scuola. L’accettazione è l’ultima fase e, infatti, si manifesta alla fine del film, nella quarta storia.

Sette minuti dopo la mezzanotte si basa sull’omonimo libro scritto da Patrick Ness (da un’idea di Siobhan Dowd) e illustrato da Jim Kay. Ho trovato veramente interessante la scelta degli autori di utilizzare un albero per rappresentare le paure e le speranze del giovane protagonista. Infatti, il tasso solitario nel cimitero che fa ombra alle tombe dovrebbe dare un’idea di pace e tranquillità, invece nella mente di Conor rappresenta un mostro, che lo viene a trovare ogni notte. Man mano che la vicenda prosegue, Conor trova però nel gigantesco albero una sorta di compagno di avventure, un vero e proprio psicologo che lo aiuta nel suo percorso doloroso.

Non manca anche il momento di illusione, ovvero quando la mamma di Conor gli dice che sta sperimentando una nuova cura a base di foglie del tasso. In quel momento Conor vede nell’albero uno strumento di salvezza. Purtroppo, però, non tutte le storie hanno un lieto fine.

Visivamente, il film vanta una bella fotografia, che alterna le immagini grigie di un paesino inglese non specificato a quelle infuocate nel momento in cui il tasso “si alza” per andare a far visita a Conor. Apprezzabile anche la scelta di rappresentare le 3 storie raccontate dall’albero tramite l’inchiostro e gli acquerelli.

Sette minuti dopo la mezzanotte è quindi una fiaba nera, o se preferite gotica, nello stile del Labirinto del fauno, ma anche un racconto di formazione con riferimenti alla psicologia, che lascia molta tristezza e amarezza. Armatevi di fazzoletti.