Venezia 74: Downsizing – La recensione


2016 - 2019, Festival, Recensioni, Venezia 74 / mercoledì, Agosto 30th, 2017

A due ore dalla prima di Downsizing, Alexander Payne ci regala un film agrodolce, un mix di commedia e dramma. In Norvegia è stato scoperto un metodo per rimpicciolire gli uomini e in tal modo salvaguardare il pianeta che sta esaurendo le risorse disponibili. Rimpicciolendo gli umani ci sarà un quantitativo di materiale a disposizione di tutti, e ognuno godrà di una certa ricchezza.

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Questo è lo spunto da cui si sviluppa la trama, un punto di partenza fantasioso che non si preoccupa minimamente delle leggi della fisica.
Nella prima ora di film assistiamo con incanto al procedimento di “rimpicciolimento”, ai benefici del pianeta e degli esseri umani che ne conseguono. La sensazione è che si andrà a parlare del ruolo dell’ambiente e dello sviluppo della società attraverso questo sistema; e invece il film cambia direzione e lascia lo spettatore leggermente spiazzato.

Invece di focalizzarsi sugli effetti di questa società rimpicciolita il soggetto della pellicola diviene la vita di Paul Safranek, interpretato da Matt Demon, che probabilmente vuole simboleggiare il protagonista medio, l’uomo comune e come esso agisce all’interno della società.

Le premesse erano buone, ma troppe: in un primo momento il film sembra parlare dell’importanza dell’ambiente , dell’ecologia, tematica a cui si riallaccia nel finale, in secondo luogo vuole forse farci capire che la società dei grandi funziona con le stesse regole dei rimpiccioliti.
Dalla prima metà in poi abbiamo invece la focalizzazione sulla storia del protagonista e l’incontro con due personaggi, Dusan (Christoph Waltz) e Gong Jiang (Hong Chau). Quest’ultima ci affaccia su un’ulteriore storia incentrata sull’altruismo e ci mostra Paul nelle vesti di medico.
Purtroppo però aggiungendo così tanti argomenti, la pellicola perde parte della sua forza. Inoltre, dalla seconda metà del film, le vicende in cui Paul si trova coinvolto diventano ancor più paradossali della miniaturizzazione stessa, ad esempio l’incontro con la dissidente vietnamita Gong Jiang, oppure il viaggio improvvisato nella prima colonia di uomini rimpiccioliti in Norvegia.

Insomma, troppa carne al fuoco: tutto viene mescolato assieme senza suggerire una vera morale o un vero scopo del film. Troppe scene inutili, come le relazioni del protagonista e la lunga introduzione con la moglie che serviva in realtà solo da contorno.

Nonostante tutto, non possiamo però non lasciarci coinvolgere dagli eventi e stare al gioco. Downsizing infatti è anche un divertissement, da vedere per quello che è, senza cercare troppe ragioni di fondo. Numerose le scene in cui si ride, seguite poi da altrettante scene toccanti, nello stile del regista Alexander Payne.
Tutto sommato rimane un film godibile, con buonissimi esempi di regia e grandi scenografie; Downsizing è inoltre ricco di musica e la colonna sonora suggerisce un clima comico o un clima drammatico.

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Buona prova attoriale da parte di tutti, in particolare di Matt Damon che risulta molto realistico nei toni, ed è ormai solito interpretare uomini un po’ patetici, con strane fissazioni, ma anche nobili di cuore.
Azzeccato anche Christoph Waltz nei panni del vicino di casa rumoroso di Paul, un vero ‘cazzaro’, amante delle donne e della bella vita. La sua interpretazione è all’altezza, ma forse avrebbe meritato più spazio. Da un punto di vista recitativo, la vera protagonista resta Hong Chau, che interpreta la dissidente vietnamita con una gamba amputata e rimpicciolita dal governo del suo paese perché scomoda. L’attrice ha dichiarato alla conferenza stampa di aver lavorato insieme ad un fisioterapista e ad una donna invalida per rendere il suo personaggio più realistico.

Downsizing è un accozzame di generi e temi, ma forse l’argomento di fondo non è tanto la miniaturizzazione o l’inquinamento ambientale o la sovrappopolazione, quanto la scoperta e la riscoperta di se stessi, delle proprie aspirazioni, delle proprie qualità. Ciò lo vediamo sorpattutto nella figura di Paul, che all’inizio del film si sente perduto e, dopo essere rimpicciolito, vede stravolgersi la sua vita per poi tornare a fare quello che gli riusciva meglio, ovvero alleviare le sofferenze degli altri.