Venezia 74: Una Famiglia – La recensione


2016 - 2019, Festival, Recensioni, Venezia 74 / lunedì, Settembre 4th, 2017

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Una famiglia, il film di Sebastiano Riso presentato oggi a Venezia, ha ricevuto un’accoglienza molto fredda e delle reazioni piuttosto negative.

La trama è incentrata su una coppia che vive un amore malato, Vincent e Maria, che vendono i loro neonati alle coppie che non possono averli.

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Cosa è una famiglia? Questo film cerca di rispondere a questa domanda, fornendoci diversi tipi di famiglia, come Maria e Vincent, o la coppia gay in procinto di adottare un bambino; nessuna di queste è una famiglia perfetta, tuttavia nessuno dei personaggi viene veramente giudicato dalla sceneggiatura, lasciando libera interpretazione agli spettatori.

Una Famiglia non parla, come si potrebbe erroneamente pensare, di utero in affitto o di madri surrogate, bensì di un rapporto morboso e tragico tra un uomo e una donna, basato per lo più sul sesso, che molte volte viene utilizzato per fare pace. Anche se Vincenzo è capace di compiere atti tremendi, Maria non riesce a lasciarlo e lo asseconda in ogni sua scelta. Una Famiglia poteva essere un bel film di denuncia, invece risulta un polpettone e si perde in una drammaticità forzata, quasi nella cattiveria gratuita.

Oltre al tono eccessivamente drammatico del film, abbiamo anche una serie di scene volgari senza un ben preciso motivo, e il tutto crea un’atmosfera deprimente e ostica, che si rigetta addosso anche alla figura del neonato, che non è più simbolo di vita e purezza, bensì di dolore e ripugnanza.

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Non convince affatto la sceneggiatura, caratterizzata da dialoghi ripetitivi e scontati, che vogliono essere fin troppo realistici, risultando esattamente l’opposto. Inutile l’inserimento di alcuni personaggi, come la Stella di Matilda De Angelis, fuori contesto e superfluo nello sviluppo dell’intreccio.
I dialoghi spesso sembrano irreali, talvolta non hanno un filo logico tanto che ad alcune domande dei personaggi abbiamo risposte di tutt’altro argomento. Molte situazioni sono ripetitive, e i due personaggi principali hanno sempre le stesse reazioni irreali e artificiose.

Non solo il film non si regge sulla sceneggiatura, ma nemmeno su una regia, che risulta infatti pesante, fatta di sequenze ripetitive e inquadrature di lunga durata. Una famiglia procede lentamente e inserisce al suo interno delle inutili artificiosità. Ricordo in particolare una sequenza in cui vengono ripresi i due protagonisti mentre litigano al secondo piano e, invece di far vedere la scena, la macchina da presa esce dalla stanza e ci regala una panoramica a 360° mal riuscita, storta e incerta, prima di tornare nuovamente sui due attori. Oppure l’insistenza su reazioni artificiose, come la protagonista che accende e spegne la luce più volte.
Il regista Sebastiano Riso e il direttore della fotografia hanno creato un set a 360 gradi intorno agli attori, per poter lasciare loro la totale libertà di muoversi a loro piacimento. Infatti, il film contiene molte panoramiche circolari e la fotografia, caratterizzata da toni tenui, è una delle poche cose che si salvano del film.

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Maria, il personaggio di Micaela Ramazzotti, è una donna fuori dalle righe, molto problematica, che si stringe continuamente nel suo cappotto rosa di lana cotta per farsi coraggio. Vincenzo, o meglio Vincent, impersonato dal cantante francese Patrick Bruel, è invece un uomo mostruoso e privo di morale.

Le performance che ci offrono Micaela Ramazzotti e Patrick Bruel sono mediocri e innaturali. Sussurrano, parlano con toni insoliti, l’una esagera con l’espressività, mentre l’altro risulta monoespressivo.

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Insomma, le premesse potevano essere buone e nobili, ma Una Famiglia di Sebastiano Riso non ci ha convinto proprio.