Dunkirk – La recensione


2016 - 2019, Recensioni / domenica, Ottobre 22nd, 2017

Lungi dall’essere il capolavoro di cui molti parlano, Dunkirk è comunque un film ben riuscito, per alcuni aspetti diverso dagli altri lavori del regista Christopher Nolan, ma per altri del tutto conforme al suo stile.

L’evacuazione delle truppe inglesi e poi francesi da Dunkerque viene abilmente mostrata da tre diverse angolazioni (dalla spiaggia, dal mare e dal cielo), che si alternano continuamente e si svolgono su tre linee cronologiche differenti (rispettivamente una settimana, un giorno e un’ora). È proprio in questa scelta che si riconosce la cifra stilistica di Nolan, il quale non si limita a raccontare la vicenda storica in modo lineare, ma lo fa appunto in modo sfalsato. Così, un’azione che vediamo quasi subito nel piano narrativo del cielo (data la brevità dell’arco temporale in cui si svolge), la rivediamo successivamente dal mare e poi, per ultima, da terra. Questo espediente rende il film molto più interessante e originale.

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Dunkirk non tratta di una battaglia, ma di un’operazione di salvataggio, dunque è un film di guerra con i connotati di un thriller di sopravvivenza. All’inizio infatti, il racconto della ritirata procede lentamente ma, man mano che la vicenda prosegue e la situazione si fa sempre più tragica, il ritmo della narrazione diventa concitato, tramite il passaggio continuo da un livello narrativo all’altro, che finiscono poi per intersecarsi.

Anche se probabilmente era inevitabile, non ho trovato particolarmente originale l’idea di riunire quasi tutti i personaggi di ogni piano narrativo in un unico spazio, verso le scene finali, ma ho invece decisamente apprezzato la scelta di non farli entrare troppo in empatia gli uni con gli altri. Essi uniscono le forze reciproche per poter sopravvivere, non per diventare amici.

La sceneggiatura, stranamente asciutta, funziona benissimo. I dialoghi sono realistici e scarni. In guerra si parla lo stretto necessario, non c’è tempo per discorsi filosofici. Ogni attore ha il suo spazio sulla scena, senza prevalere su gli altri. È per questo motivo che non si riesce ad individuare la migliore interpretazione, anche se il cast (partendo da gli esordienti Fionn Whitehead e Harry Styles, arrivando a Tom Hardy, Kenneth Branagh, Cillian Murphy e Mark Rylance), resta comunque valido.

Un altro punto a favore è sicuramente l’assenza di un patriottismo sfrenato. Nolan decide di rappresentare gli attacchi dei tedeschi verso gli alleati con semplicità, non enfatizzando né la cattiveria dei nemici, né le morti dei soldati inglesi che, molto realisticamente, avvengono in un battito di ciglia, senza grida eccessive, ma anzi spesso nel silenzio più totale (tralasciando ovviamente il frastuono delle bombe o degli spari). Ci sono chiaramente alcune scene in cui si avverte un certo orgoglio inglese, come per esempio l’arrivo trionfale dei civili inglesi con le loro imbarcazioni per portare in salvo quanti più soldati possibili, o il discorso finale di Churchill ricco di speranza, ma queste scene vengono in qualche modo corrette e scemate del loro patriottismo. Infatti, i civili hanno fatto quello che hanno fatto per il senso del dovere, e non vogliono essere ringraziati del loro aiuto, così come i soldati si sentono un fallimento totale e non degli eroi.

Come nel film La Sottile Linea Rossa di Terence Malick, la natura incontaminata e rilassante diventa, in tempo di guerra, decisamente avversa per i soldati inglesi, che sono allo scoperto, senza una via di fuga e neanche un nascondiglio sicuro; possono essere attaccati dai nemici in qualsiasi momento, sulla spiaggia, in cielo o in mare. Questa situazione scomoda viene percepita dallo spettatore in tutta la sua forza, grazie all’occhio della cinepresa, che filma lunghe panoramiche da tutti i punti di vista (terra, acqua, cielo).

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Per questa tipologia di film, non mi aspettavo da parte di Hans Zimmer una colonna sonora così poco incisiva. Essa è infatti per lo più caratterizzata da un ticchettio di un orologio, violini suonati energicamente e rumori assordanti. Un commento musicale del genere funziona certamente nelle scene più intense e di suspense, ma alla lunga risulta un po’ ripetitivo. Avrei preferito una colonna sonora più ricca, nello stile di Interstellar, e non sentire continuamente lo stesso tema comunque ben fatto.

In definitiva, Dunkirk è un film appassionante e costruito con intelligenza dal suo regista. Da vedere.

4 Commenti a “Dunkirk – La recensione”

  1. Concordo sulla sceneggiatura stranamente asciutta per Nolan e sulla costruzione intelligente , penso siano i meriti migliori del dilm! Purtroppo le 2 sene patriottiche finali le ho trovate davvero fuori luogo, soprattutto perché, come hai scritto, il resto non poggia poi tanto su quest’aspetto, e alla fine il discorso suona un po’ forzato.

    Kalos

    1. Anche io ho storto un po’ il naso vedendo quelle scene, ma pensavo fosse un film ancora più patriottico, quindi tutto sommato mi sono abbastanza ricreduta.

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